29 Ottobre 2020
Più trasparenza contro i finti hamburger

Avanti con una norma nazionale che faccia definitivamente chiarezza su “veggie burger” e altri prodotti che sfruttano impropriamente nomi come salsiccia, hamburger o mortadella per evitare l’inganno ai danni del 93% dei consumatori che in Italia non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano. Lo chiede Coldiretti dopo che il Parlamento europeo non ha approvato nessuno degli opposti emendamenti che si proponevano, o di vietare o di consentire l’uso delle denominazioni di alimenti a base di carne per i prodotti di origine vegetale.

Una fumata grigia che lascia di fatto il carrello della spesa “aperto” a finti hamburger con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti grazie alla possibilità di utilizzare nomi come “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani, con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne.

“Il perdurare di una situazione di incertezza rappresenta purtroppo un favore alle lobbies delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio puntando su una strategia di comunicazione subdola con la quale si approfitta deliberatamente della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano per attrarre l’attenzione dei consumatori e indurli a pensare che quei prodotti siano dei sostituti, per gusto e valori nutrizionali, della carne e dei prodotti a base di carne” denuncia Roberto Moncalvo, Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo.

“Occorre regolamentare con trasparenza sull’etichetta il consumo di nuovi prodotti che sono entrati a far parte della spesa degli italiani senza equivoci che rischiano di limitare la libertà di scelta dei consumatori. Permettere a dei mix vegetali di utilizzare la denominazione di “carne” significa favorire prodotti ultra-trasformati con ingredienti frutto di procedimenti produttivi molto spinti dei quali, oltretutto, non si conosce nemmeno la provenienza della materia prima, dato che l’Unione europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo” rimarca Fabiano Porcu, Direttore di Coldiretti Cuneo.

A supportare la necessità di una legge nazionale in materia, sull’esempio francese, c’è il fatto che la Corte di Giustizia europea si è già pronunciata in passato sul fatto che i prodotti puramente vegetali non possono essere commercializzati con denominazioni come “latte”, “panna”, “burro”, “formaggio” o “yogurt”, che il diritto UE riserva ai prodotti di origine animale, anche se tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione, con la sola eccezione del tradizionale latte di mandorla italiano.

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