10 Agosto 2011
La ripresa economica passa attraverso scelte ponderate e strategie concrete

 Affermare che si guarda con preoccupazione al recente andamento dei mercati finanziari è scontato. Parimenti
siamo tutti consapevoli che la fase che stiamo attraversando dipende solo in parte dalle condizioni di fondo dell’economia italiana ed è connessa a un problema europeo di fragilità economica dei paesi periferici. A ciò si
aggiungono i problemi di bilancio degli Stati Uniti d’America. Tutte queste incertezze dei mercati si
traducono per l’Italia nel deciso ampliamento degli spread (il ricarico che ogni banca decide di effettuare quale proprio ricavo rispetto al tasso interbancario che in Europa si chiama Euribor) sui titoli internazionali e nella
penalizzazione dei valori di borsa.
Questo comporta inevitabilmente un elevato onere di finanziamento del debito pubblico ed un aumento del costo del denaro per famiglie ed imprese. Sembrano concetti lontani dalla realtà delle famiglie e delle imprese cuneesi
ma in realtà questi concetti ben si adattano alla situazione della nostra provincia. Per evitare che la situazione divenga insostenibile occorre ricreare immediatamente nel nostro Paese condizioni per ripristinare la normalità
sui mercati finanziari con un immediato recupero di credibilità nei confronti degli investitori. Per realizzare uno di questi obiettivi ad ogni livello, è necessaria una discontinuità capace di realizzare la crescita vera del Paese
assicurando la sostenibilità del debito e la creazione di nuova occupazione. Non è tutta farina del nostro sacco quanto abbiamo scritto, ma sono i contenuti del documento “Nuovo patto sociale per la crescita” che Coldiretti con il Presidente Sergio Marini e le forze sociali ed economiche, da Confindustria all’Abi, dalla CGIL a Reteimprese Italia (associazione degli artigiani e dei commercianti), dalla CISL al mondo della Cooperazione, hanno presentato al Governo ed in particolare al Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Coldiretti è ben consapevole che i problemi dell’Italia non si risolvono con la finanza, ma se questa langue, viene a mancare la sponda naturale per consentire alle imprese agricole e non di riattivarsi sul mercato.
In questi giorni abbiamo assistito al crollo dei prezzi delle pesche. Le proteste organizzate a Torino come in altre parti d’Italia da Coldiretti sono servite a smuovere la Commissione Europea che ha aumentato a 26,9 centesimi
al chilo i massimali dei ritiri di pesche e nettarine all’industria con retroattività al 19 luglio. Troppo poco per risollevare il prezzo delle pesche e nettarine anche perché le OP che devono gestire l’intervento, dovrebbero
integrare la parte di prezzo non gestito dalla Commissione con i fondi dei piani operativi e tale integrazione andrebbe a  ridurre il budget degli stessi, il mercato rischia quindi di non decongestionarsi. Ma è proprio
la misura adottata che è vecchia.
Coldiretti punta al mercato reale e ritiene che sia urgente elaborare una strategia con l’agroindustria che deve assorbire non solamente le eccedenze del mercato, ma differenziare la destinazione finale del prodotto che vede i calibri più alti destinati al mercato del prodotto fresco.
A Milano, in Piazza Affari davanti alla Borsa, i suinicoltori di Coldiretti hanno lanciato l’ennesimo grido d’allarme: prezzi alla stalla troppo bassi, aumento del costo delle materie prime, crollo dei consumi fanno sì che la suinicoltura italiana come il resto della zootecnia da carne, lavori in perdita da alcuni anni.
Se non altro la protesta è servita per un protocollo di intesa sulla filiera suinicola presentato presso
il Ministero dell’Agricoltura. In particolare si tenta di dare una strategia comune per svolgere azioni di sistema concrete. Si è ottenuto che siano quattro i punti su cui operare: valorizzazione delle carni fresche attraverso la
filiera del suino leggero italiano e del suino Padano, l’organizzazione dell’offerta suinicola in rete e azioni finanziarie con Ismea.
Infine la riduzione delle barriere all’export delle nostre carni e l’applicazione dell’etichettatura d’origine delle carni fresche. Ma soprattutto, da subito, saranno attivati maggiori controlli sulle importazioni e l’approvazione
dei decreti applicativi della legge nazionale sull’etichettatura per consentire di rendere riconoscibile al consumatore italiano non soltanto la provenienza della carne fresca di maiale, ma anche quella dei trasformati che rappresentano il 70% della produzione suinicola del nostro Paese.
Vedremo. Certo la situazione è complessa. Se poi consideriamo che proprio in questi giorni il Consiglio di Amministrazione della MARR S.p.A. società del gruppo Cremonini attiva in Italia nella commercializzazione
e distribuzione di prodotti alimentari, ha approvato la relazione finanziaria semestrale registrando ricavi totali pari a 600,7 milioni di euro con una crescita del 6,3% rispetto ai 565,3 milioni di euro raggiunti durante lo stesso
periodo del 2010, si ha davvero la conferma che il problema non sta né nella produzione né nei consumi, ma nelle componenti intermedie della filiera che continuano a fare business nonostante la crisi delle famiglie e dei produttori. Intanto, un po’ di colpe vanno attribuite anche ai consumatori: in Italia ogni famiglia spende mensilmente 19,71 euro per l’acquisto dell’acqua minerale contro i 12,00 euro mensili per comprare il vino. Non sarebbe male se tornassimo bere l’acqua del rubinetto e consumassimo un pochino più di buon vino.
Evidentemente le rotelle del cervello dei consumatori si sono un po’ troppo arrugginite in questi anni!

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