26 Aprile 2021
Frutta secca: aumentano consumi ma serve etichettatura d’origine

Nell’anno del Covid sono cresciuti del 9% i consumi di frutta secca degli italiani ma è allarme per l’invasione di nocciole sgusciate dalla Turchia, da cui arrivano i 2/3 del totale usato per snack e dolci.
È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati ISMEA che evidenziano, come nonostante le limitazioni al commercio internazionale imposte dalla pandemia, non si sia arrestato il flusso di prodotto estero che viene spacciato come italiano e finisce nelle confezioni di frutta secca pronta da mangiare, nei gelati e nei dolci industriali, grazie alla mancanza dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta sulla frutta trasformata. Le importazioni straniere sono praticamente raddoppiate negli ultimi dieci anni (+98%), e dei 61 milioni di chili che nell’anno del Covid hanno varcato i confini nazionali quasi 40 milioni di chili sono di origine turca, che è anche il maggioro produttore mondiale.
Sul paese ottomano pende peraltro l’accusa di sfruttamento del lavoro minorile, sulla base della lista stilata dal Dipartimento del lavoro statunitense.
“In Piemonte, al fine di incentivare proprio l’impiego della pregiata nocciola Piemonte IGP – spiega Roberto Moncalvo, Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo – oltre 15.000 quintali di nocciole vengono impiegate per snack e la produzione di cioccolato attraverso gli accordi di filiera con Life S.p.a. e col gruppo dolciario Novi-Elah-Dufour di Novi Ligure. Dall’agroindustria e dalla GDO che credono davvero nel territorio nascono progetti importanti per valorizzare la Nocciola Piemonte IGP, coltivata su una superficie complessiva di oltre 20.000 ettari di cui 15.000, per la maggior parte nella Provincia di Cuneo, sono impianti attivi e la produzione totale è di 240.000 quintali di cui 103.000 certificati IGP. L’aumento delle importazioni, nonostante la crescita degli impianti in Italia, in assenza di un obbligo di tracciabilità delle nocciole utilizzate nei derivati rischia di dare un immagine ingannevole della qualità delle nocciole nazionali che frequentemente vengono tagliate, miscelate o sostituite con quelle di importazione”.
“Da qui l’esigenza – aggiunge Fabiano Porcu, Direttore di Coldiretti Cuneo – di portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine su tutti quegli alimenti ancora anonimi, a partire da quelli trasformati, come nel caso delle nocciole utilizzate nell’industria dolciaria. È fondamentale per il futuro delle quasi 5000 aziende cuneesi che coltivano nocciole su una superficie di 12.000 ettari, per una produzione totale media di 190.000 quintali, di cui 75.000 certificate IGP”.

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