24 Gennaio 2020
Coldiretti: tolleranza zero contro le frodi del vino

All’indomani della nuova presunta frode nel settore vitivinicolo emersa da un’operazione dei Carabinieri e della Guardia di Finanza nell’Oltrepo’ pavese e in altre regioni, Coldiretti chiede di far chiarezza al più presto perché episodi di questo tipo mettono a rischio il successo del vino Made in Italy, il prodotto agroalimentare tricolore più venduto all’estero.

Queste frodi, oltre a provocare un danno diretto ai consumatori, causano un danno economico e di immagine gravissimo anche all’estero, gettando ombre su un settore di punta dell’economia italiana che, grazie alla serietà e alla passione dei nostri vitivinicoltori, si sta prodigando nell’offrire prodotti di alta qualità e sempre più attenti all’ambiente, portatori sani di “italianità” nel mondo. È un duro, immeritato colpo per i tanti vitivinicoltori onesti che trovano oltre confine il miglior mercato.

Le cantine cuneesi – rimarca Coldiretti Cuneo – esportano il 75% delle bottiglie prodotte per un valore di 450 milioni di euro su un totale stimato di 600 milioni all’anno. Per vini come il Barolo, il Barbaresco e l’Asti, fino a 7 bottiglie su 10 lasciano l’Italia per trovare apprezzamenti in ogni angolo del mondo.

“Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto – dichiara il Delegato Confederale di Coldiretti Cuneo Roberto Moncalvo – confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare poiché l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolosa la criminalità nell’agroalimentare che, per questo, va perseguita con la revisione delle leggi sui reati alimentari, elaborata da Giancarlo Caselli nell’ambito dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti per introdurre nuovi sistemi di indagine e un aggiornamento delle norme penali”.

“In più – rimarca Moncalvo – non è più accettabile che mosti e vini stranieri, solo perché elaborati in Italia, possano essere etichettati come spumanti italiani. Altrettanta attenzione è necessaria per scongiurare l’impiego dei nomi dei vitigni autoctoni e storici delle nostre colline su tipologie di vini generici che non garantiscono un adeguato livello di controllo e certificazione. Il rischio è che i casi di frode che oggi rappresentano una rara eccezione si moltiplichino, finendo per annacquare non solo il vino ma un’importante risorsa economica per il nostro territorio”.

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