27 Dicembre 2008
CARNE SUINA: COLDIRETTI NE RICHIEDE LA TRACCIABILITÀ

In queste settimane è scoppiato l’ennesimo allarme alimentare che ha visto coinvolto un mangimificio irlandese e, di conseguenza gli allevamenti di quel Paese, per la presenza di diossina.
Immediatamente è stato disposto in molti paesi europei il ritiro dal mercato di tutti i prodotti suinicoli irlandesi derivanti da maiali macellati in Irlanda.
Questa vicenda ha nuovamente messo in evidenza la necessità di estendere l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza anche per la carne di maiale al pari di quanto è stato già fatto per quella di pollo e per quella bovina dopo le emergenze aviaria e mucca pazza. In Italia le importazioni di carne di maiale fresca, refrigerata e congelata dall’Irlanda sono contenute su una quantità di 1,7 milioni di chili nei primi otto mesi del 2008, con un calo del 20 per cento in quantità rispetto allo scorso anno.
Il tempestivo avvio dei controlli a livello nazionale, per verificare se partite contaminate sono effettivamente entrate al pari di quanto avvenuto in Francia e Belgio, è rassicurante in un paese come l’Italia che può contare sulla più estesa rete di veterinari a livello comunitario. Ma di fronte alle emergenze sanitarie che si rincorrono servono anche misure strutturali con un sistema di etichettatura obbligatorio che indichi la provenienza e l’origine di tutti gli alimenti, come elemento di trasparenza per produttori e consumatorie a garanzia della sicurezza alimentare.
“Secondo indagini Coldiretti – hanno dichiarato Marcello Gatto e Bruno Rivarossa, presidente e direttore Coldiretti Cuneo – la quasi totalità dei cittadini, il 98% per la precisione, considera necessario che si debba sempre indicare in etichetta il luogo di origine della componente agricola contenuta negli alimenti, per colmare una lacuna ancora presente nella legislazione comunitaria e nazionale. Si tratta di una misura importante per la sicurezza alimentare con il moltiplicarsi di emergenze sanitarie che si diffondono rapidamente in tutto il mondo per effetto degli scambi, come nel caso del latte alla melamina proveniente dalla Cina o l’olio di girasole dall’Ucraina”.
“Il pressing della Coldiretti – continuano Gatto e Rivarossa – ha portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, all’arrivo dal primo gennaio 2004 del codice di identificazione perle uova, all’obbligo di indicare in etichetta, a partire dal primo agosto 2004 il paese di origine in cui il miele è stato raccolto, dall’obbligo scattato il 7 giugno 2005 di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco,all’etichetta del pollo Made in Italy per effetto dell’influenza aviaria dal 17 ottobre 2005 e all’etichettatura di origine per la passata di pomodoro a partire dal 1 gennaio 2008. Ma molto resta ancora da fare: per oltre il 50 per cento della spesa l’etichetta resta anonima. Basti pensare alla carne di maiale, coniglio e agnello, alla pasta, alle conserve vegetali, ma anche al latte a lunga conservazione ed ai formaggi non a denominazione di origine”.

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